«Ah, titolo infedele, tu quoque?»

Alcune riflessioni a margine di recenti atti parlamentari relativi all’intitolazione

  • Autore: Jean-Luc Egger
  • Categoria di articoli: Microscopio
  • DOI: 10.38023/a5e65acc-957b-43ac-b961-7b6b32761e78
  • Citazione: Jean-Luc Egger, «Ah, titolo infedele, tu quoque?», in: LeGes 31 (2020) 3

Indice

  • 1. Nuova attenzione al titolo degli atti
  • 2. Il titolo dice troppo poco
  • 3. Il titolo dice troppo
  • 4. Che cosa deve dire il titolo?
  • 4.1. Titoli neutri o muti
  • 4.2. Titoli loquaci ed esaustivi
 
«The Anatomy of Melancholy de Robert Burton. Le plus beau titre
qu’on ait jamais trouvé. Qu’importe après que le livre soit illisible ?»
(Cioran 1997)

1.

Nuova attenzione al titolo degli atti ^

[1]

Abbiamo già avuto modo di riflettere in questa sede1 sull’importanza del titolo degli atti normativi e sui principi che guidano (o dovrebbero guidare) la loro ideazione. Fra gli altri accertamenti, la nostra analisi aveva permesso di constatare che, a dispetto di un’origine storica molto umile e di una considerazione tuttora scarsa durante la procedura legislativa, i titoli degli atti normativi sono non solo microtesti dotati di una struttura complessa e codificata, ma anche elementi che in virtù della loro posizione testuale ambigua2 sviluppano relazioni semantiche altamente significative sia con il cotesto sia con il contesto e che pertanto meriterebbero da parte del legislatore una grande attenzione «di contro a procedure d’intitolazione precipitate e facenti capo a strutture stereotipate»3.

[2]

Alcuni recenti atti parlamentari sembrano smentire tale disinteresse4 e hanno attirato l’attenzione del legislatore proprio su questo elemento, mettendo in evidenza aspetti e potenzialità del titolo sui quali vale la pena soffermarsi e che confermano ancora una volta la complessità del suo statuto.

2.

Il titolo dice troppo poco ^

[3]

Nella sua iniziativa parlamentare 20.462 del 16 settembre 2020 il consigliere nazionale Grossen chiede l’introduzione di un esame conclusivo del titolo degli atti normativi prima della loro adozione formale definitiva5. Una volta che le due Camere hanno terminato la trattazione di un disegno di legge, magari stravolgendone completamente il tenore, occorre verificare che il titolo dell’atto corrisponda ancora al suo contenuto e, se necessario, adeguarlo. Non è chiaro se l’iniziativa propone di modificare la procedura dell’esame di dettaglio spostando la discussione del titolo dall’inizio della discussione, come oggi, alla fine dei dibattiti (magari prima della votazione sul complesso), come è il caso ad esempio in Germania, oppure semplicemente di adottare un maggiore rigore redazionale nell’ultimo esame formale dei testi prima del voto. È vero che l’ultimo paragrafo della motivazione sembra propendere per questa seconda ipotesi suggerendo che il compito potrebbe essere assunto dalla Commissione di redazione dell’Assemblea federale, ma l’autore ammette espressamente anche altre soluzioni6.

[4]

L’istanza nasce dall’esperienza della votazione federale del 27 settembre 2020 nella quale uno degli oggetti in votazione recava, secondo l’autore dell’iniziativa, un titolo incompleto. La modifica della legge federale sull’imposta federale diretta intesa fondamentalmente a sgravare le famiglie dai costi legati ai figli mediante due provvedimenti (deduzione dei costi della custodia da parte di terzi e aumento della deduzione generale per i figli) recava il titolo seguente:

Legge federale
sull’imposta federale diretta
(LIFD)
(Trattamento fiscale delle spese per la cura dei figli da parte di terzi)

 

Modifica del 27 settembre 2019
[5]

Il titolo (recte: il sottotitolo, ma di questo parliamo più avanti) menziona soltanto la deduzione per la custodia dei figli da parte di terzi, mentre tace la misura finanziariamente più rilevante del progetto – perché più incisiva sui conti statali –, ossia l’aumento della deduzione generale per i figli. L’incongruenza è dovuta al fatto che il disegno del Consiglio federale non contemplava la misura, poi introdotta dalle Camere, consistente nell’aumentare massicciamente la deduzione generale per i figli, un provvedimento che, secondo l’autore dell’iniziativa, avrebbe però dovuto figurare nel sottotitolo7 del testo finale.

[6]

Nel quadro di una votazione popolare il titolo del testo in votazione è importante non solo perché identifica il contenuto del progetto legislativo, ma anche perché figura integralmente sulla scheda di voto.

[7]

È tuttavia interessante notare che riferendosi allo scrutinio popolare del 27 settembre 2020 il testo dell’iniziativa non menzioni un altro oggetto in votazione alla stessa occasione il cui titolo, secondo il medesimo approccio, potrebbe risultare problematico, ossia la modifica della legge sulle indennità di perdita di guadagno:

Legge federale
sulle indennità di perdita di guadagno
per chi presta servizio e in caso di maternità
(Legge sulle indennità di perdita di guadagno, LIPG)

 

Modifica del 27 settembre 2019
[8]

Il punto essenziale di questa modifica della LIPG, ossia l’introduzione del congedo di paternità, non traspare nel titolo della legge. È vero che nell’opuscolo di spiegazioni del Consiglio federale si precisa a chiare lettere (ad es. nella presentazione «in breve» dell’oggetto a pag. 10) che la modifica in questione è un controprogetto indiretto all’iniziativa popolare «Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia», ma questa precisazione – che rimanda seppur indirettamente al concetto di «congedo di paternità» – non figura sulla scheda di voto. Il fatto che le disposizioni finali della modifica legislativa ne rechino traccia8 non compensa evidentemente tale assenza nel quadro della titolazione dell’oggetto in votazione. Anche in questo caso, dunque, si sarebbe potuto eccepire una informazione incompleta del sovrano, non dovuta agli emendamenti subiti dal disegno governativo in fase parlamentare ma semplicemente alle regole di tecnica legislativa9, che per gli atti modificatori prevedono un sottotitolo descrittivo soltanto per le grandi codificazioni e «altri atti normativi di una certa mole» (n. marg. 284 DTL).

[9]

Altre volte, agli occhi del legislatore, i titoli possono peccare non per incompletezza ma per eccessiva parzialità: troppo icastici, dichiarano più del dovuto.

3.

Il titolo dice troppo ^

[10]

Una settimana dopo il suo collega, il consigliere nazionale Damien Cottier depositava l’iniziativa parlamentare 20.470 «Un titolo neutrale per le iniziative popolari al fine di garantire la libera formazione dell’opinione». Il testo, che riprende sostanzialmente quanto già sollecitato da un’interpellanza del consigliere nazionale Merlini del 201910, chiede una modifica della legge federale sui diritti politici (LDP) affinché le iniziative popolari non siano più identificate mediante un titolo ma per il tramite di un numero, una data o comunque un identificatore neutro. In questo caso non si tratta di contestare la correttezza o la completezza del tenore di un titolo – questo controllo è del resto già svolto dalla Cancelleria federale in sede di esame preliminare11 –, bensì di insinuare il dubbio che il titolo delle iniziative popolari adempia esclusivamente scopi pubblicitari e di marketing falsando la formazione dell’opinione pubblica e ingannando tutto sommato gli aventi diritto di voto sul reale contenuto del testo dell’iniziativa. Secondo l’autore dell’iniziativa, «[p]er garantire alla popolazione la possibilità di formare liberamente la propria opinione sia al momento della raccolta delle firme che della campagna di votazione, sarebbe preferibile sostituire l’esigenza formale di un titolo scelto dal comitato con quella di un numero o di un sistema paragonabile attribuito dalle autorità».

[11]

Il problema, dunque, non consiste in una eventuale nominazione scorretta, ma dalla presenza pura e semplice di un titolo formato da parole. L’equazione qui proposta tra libera formazione dell’opinione e titoli muti12 sembra prediligere una comunicazione mediante testi anonimi, privi di titolo, quasi che qualsiasi titolo sia per natura fuorviante, ingannevole o comunque poco affidabile13.

4.

Che cosa deve dire il titolo? ^

[12]

Le due iniziative parlamentari citate hanno il merito di attirare l’attenzione del mondo politico sui titoli degli oggetti in votazione, siano questi testi di legge o iniziative popolari. È vero che nel caso delle iniziative popolari il titolo assume un’importanza politica molto più rilevante rispetto a quella del titolo di un atto normativo, tanto è vero che esso è coniato dai promotori stessi e viene sistematicamente usato non solo nei dibattiti pubblici ma anche su volantini, manifesti, slogan ecc. durante la raccolta delle firme e il seguito della campagna politica. Il titolo di una legge, invece, non ha solitamente funzione pubblicitaria o connotazione politica, ma adempie per lo più funzioni tecniche di identificazione ed esatta collocazione all’interno dell’ordinamento giuridico complessivo14. La sua coniazione è un atto prevalentemente tecnico, peraltro disciplinato in dettaglio nelle DTL. Resta il fatto che a entrambi i tipi di titolo sembra essere riconosciuto un grande potenziale di influenza sull’opinione pubblica ed è proprio questo aspetto che merita qualche considerazione.

4.1.

Titoli neutri o muti ^

[13]

La storia letteraria insegna che qualsiasi testo privo di titolo tende ad acquisirne uno nel discorso sociale. È capitato per le opere adespote, si pensi al Libro dei XXIV filosofi, ed è capitato anche per quelle di cui si conosceva l’autore, e che inizialmente avevano un titolo diverso, come fu il caso della Divina Commedia o del Canzoniere petrarchesco. I testi istituzionali non sfuggono a tale dinamica e ancor meno quelli destinati a un giudizio popolare. Il rischio di far circolare nel pubblico dibattito testi senza titolo o dotati di titoli muti, cioè poco significativi, è di lasciare che siano i media, i gruppi d’interesse, i partiti ecc. a conferire il nome al testo e dunque a descriverne il contenuto e a connotarne l’identità, poiché pare poco verosimile che si possa imbastire un dibattito politico su un progetto privo di titolo. Come rilevava già il Consiglio federale nella sua risposta all’interpellanza Merlini 19.3269, «[è] inevitabile che ad esso [un progetto costituzionale] venga dato un nome descrittivo. […] Designare con un numero le iniziative popolari accentuerebbe la discrepanza tra il nome ufficiale (quindi il semplice numero) e il titolo non ufficiale, compromettendo così il legame tra la formazione delle opinioni e l’espressione della volontà».

[14]

A prescindere da un tale rischio, esistente anche per gli atti normativi (per i quali a volte il titolo ufficiale non è sufficiente all’identificazione, si pensi alla vecchia «Schoggigesetz», alla «lex Weber», alla «lex Koller»), vi è poi l’incognita del contenuto stesso del testo. Il titolo (tematico) di un testo definisce e limita l’argomento entro il quale si sviluppa il suo contenuto, costituisce una sorta di orizzonte di lettura e di chiave interpretativa. Senza un titolo che ne vincoli in qualche modo la materia, un testo può quindi perdere qualsiasi unità tematica ed acquisire qualsiasi senso15.

4.2.

Titoli loquaci ed esaustivi ^

[15]

L’iniziativa parlamentare 20.462 pone in primo luogo il problema della rappresentatività del titolo degli atti normativi posti in votazione, ossia del rapporto tra il titolo dell’atto e il contenuto dello stesso e, d’altro canto, del rapporto tra il medesimo titolo e chi è chiamato a pronunciarsi in merito nell’eventualità di una votazione popolare.

[16]

Va ricordato in proposito che solitamente gli oggetti in votazione sono testi giuridici formulati secondo le regole e il linguaggio del diritto, non sempre di immediata intelligibilità per i non addetti ai lavori. Questo spiega la presenza di testi ausiliari ed esplicativi nella fase legislativa (il messaggio ad esempio) e l’opuscolo di spiegazioni del CF in vista delle votazioni. Nessuno contesta questa discrepanza e nessuno ha mai sollevato il dubbio che il dettato di un testo posto in votazione risulti poco comprensibile o incompleto. Anche il titolo partecipa della medesima tecnicità in quanto parte integrante del testo di legge, ma la doppia problematica a cui abbiamo appena accennato è riconducibile sostanzialmente al suo statuto testuale particolare. Esso è testo normativo come l’articolato, e in quanto tale deve essere approvato dalle Camere, ma non ha la medesima forza precettiva dell’articolato, adempiendo fondamentalmente funzioni informative. Questa scarsa normatività induce spesso a considerare che l’adeguamento del titolo di una legge già discussa dal Parlamento sia un atto prevalentemente tecnico di armonizzazione redazionale, come suggerito peraltro dall’iniziativa parlamentare in parola.

[17]

In realtà, la tecnicità del microtesto «titolo» nulla toglie alla sua importanza giuridica o politica. Sotto il profilo procedurale, esso è oggetto dell’esame di dettaglio come ogni altro elemento della legge. Dal punto di vista giuridico è indispensabile (nella sua valenza rematica16) per identificare il tipo di atto e il suo rango normativo. Nella prospettiva dell’interpretazione della legge esso ha infine una forte valenza quale ausilio ermeneutico in situazioni di dubbio, come riconosce la dottrina e l’esperienza giusdicente17. Vi si aggiunge inoltre il ruolo di interfaccia tra il contenuto della legge e il pubblico, quasi una sorta di nome proprio del testo che esplicita la materia ivi disciplinata.

[18]

Considerate tali caratteristiche ci si potrebbe domandare se il titolo degli atti normativi non debba essere oggetto di maggiore cura e attenzione rispetto a quanto avviene oggi, e questo sia nella fase legislativa preliminare sia al termine dei dibattiti.

[19]

Nella fase preliminare, stupisce che le DTL, come già accennato, prescrivano l’inserimento di un sottotitolo tematico soltanto per le modifiche dei grandi codici e degli atti normativi di una certa mole (DTL n. marg. 284); ogni modifica del testo di base dovrebbe recare un sottotitolo che ne dichiari la materia e che funga in un certo senso da titolo dell’atto modificatore. Tale sottotitolo non incide sul testo di base (in quanto scompare una volta che la modifica è integrata nel testo consolidato nella Raccolta sistematica del diritto federale), ma è l’unico modo per capire la ratio della modifica in questione. Rende inoltre giustizia allo statuto legislativo della modifica stessa, la quale non è soltanto una «modifica di legge», bensì una «legge» vera e propria (DTL n. marg. 302).

[20]

Ma anche al termine dei dibattiti sarebbe opportuno che le Camere riconsiderino la formulazione esatta del titolo degli atti che si apprestano ad adottare. Se è vero che per certi versi il titolo è il centro di ogni parola del testo18, nel senso che ne orienta il significato specifico, è altrettanto vero che la totalità delle disposizioni dell’atto concorre alla congruenza del titolo e alla sua formulazione, sicché man mano che l’atto subisce emendamenti e stravolgimenti nell’avanzare dell’iter parlamentare il risultato di tale concorso «semantico» può alterarsi e non più collimare con il titolo iniziale. La procedura legislativa conosce una fase apposita per sincerarsi che l’atto scaturito dall’esame di dettaglio sia accolto nel suo insieme nonostante gli eventuali emendamenti, ossia la votazione sul complesso19. Perché il titolo, che dell’atto dovrebbe essere il nome complessivo, dovrebbe sfuggire a un procedimento analogo che sigilli nell’intitolazione quanto deliberato? La domanda è lecita. Certo, al termine delle deliberazioni eventuali incongruenze possono senz’altro essere rilevate dalla Commissione di redazione nell’ambito dell’esame redazionale dei testi, ma è bene ricordare che tale organo non può apportare modifiche materiali ai testi20 e che proprio nella formulazione del titolo delle leggi la frontiera che separa gli adeguamenti redazionali da quelli materiali – o comunque politicamente delicati – è molto sottile, per non dire inesistente. Inesistente proprio per la poliedrica valenza dei titoli di cui si diceva prima. Si consideri ad esempio i due seguenti testi posti in votazione rispettivamente il 28 febbraio 2016 e il 21 maggio 2017:

Legge federale
concernente il transito stradale nella regione alpina
(LTS)
(Risanamento della galleria autostradale del San Gottardo)

 

Modifica del 26 settembre 2014
Legge federale
sull’energia
(LEne)

 

del 30 settembre 2016
[21]

I due titoli sono corretti sotto il profilo tecnico e designano chiaramente l’oggetto in votazione. Considerando tuttavia che nel primo testo era in questione la costruzione di una seconda canna nella galleria del San Gottardo e nel secondo la Strategia energetica 2050, possiamo dire che sono «completi» ai sensi dell’Iv. Pa. 20.462? Si capisce facilmente che la risposta a questa domanda spetta più a un’assemblea politica che non a un organo deputato all’esame tecnico dei testi.


Jean-Luc Egger, Cancelleria federale, Servizi linguistici centrali, Divisione italiana, Berna, e-mail: jean-luc.egger@bk.admin.ch.


5.

Riferimenti bibliografici ^

  • Baillet, Adrien (1772): Jugemens des savans sur les principaux ouvrages des auteurs. Revûs et corrigés. Et augmentés par M. De La Monnoye, Tome Premier, Parigi.
  • Cioran, Emile M. (1997), Cahiers (1957–1972), Parigi.
  • Egger, Jean-Luc (2001): «Il nome della legge: per una semantica dei titoli degli atti normativi nel diritto federale svizzero», in LeGes 12 (2001) 2, pp. 63–82.
  • Egger, Jean-Luc (2019): A norma di (chi) legge. Peculiarità dellitaliano federale, Milano.
  • Graf, Martin et al. (2014): Parlamentsrecht und Parlamentspraxis der Schweizerischen Bundesversammlung. Kommentar zum Parlamentsgesetz (ParlG) vom 13. Dezember 2002, Basilea.
  • Mengaldo, Pier Vincenzo (2018): Comè la poesia, Roma.
  • Pagano, Rodolfo (2004): Introduzione alla legistica. Larte di preparare le leggi, Milano.
  • Tarello, Giovanni (1980): Linterpretazione della legge, Milano.
  1. 1 Egger 2001.
  2. 2 A metà strada tra testo e paratesto, il titolo delle leggi è sia l’uno che l’altro, oppure, né l’uno né l’altro.
  3. 3 Egger 2001, 79.
  4. 4 Anche se in realtà la sensibilità del Parlamento per i titoli non manca; si pensi ad esempio alla mozione della CET-N 20.3133 del 21 aprile 2020 che, pur indulgendo all’anglismo, porta un titolo brillantemente paronimico: «Smart Restart» (e si noti che il 28 aprile 2020 la CET-S ha a sua volta depositato una mozione, la 20.3159, di ugual tenore e d’identico titolo).
  5. 5 Iv. Pa. 20.462 «I titoli delle leggi devono corrispondere al loro contenuto».
  6. 6 «Questo compito [l’adeguamento del titolo prima della votazione finale] potrebbe essere affidato alla Commissione di redazione dell’Assemblea federale, ma la presente iniziativa lascia esplicitamente aperta la via ad altre opzioni».
  7. 7 Il testo dell’iniziativa non propone la formulazione che si sarebbe dovuto adottare. Seguendo la sua argomentazione, si può ipotizzare che il sottotitolo avrebbe dovuto avere un tenore del genere: «Trattamento fiscale delle spese per la cura dei figli da parte di terzi e deduzione generale per i figli», il che avrebbe tuttavia reso il titolo quasi prolisso.
  8. 8 La cifra III dell’atto modificatore recita infatti: 1 La presente legge sottostà a referendum facoltativo. 2 Essa sarà pubblicata nel Foglio federale non appena l’iniziativa popolare «Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia» sarà stata ritirata o respinta in votazione popolare. 3 Il Consiglio federale ne determina l’entrata in vigore.
  9. 9 Segnatamente le Direttive di tecnica legislativa (DTL), n. marg. 282–285.
  10. 10 Int. 19.3269 del 21 marzo 2019 «Denominazione delle iniziative popolari e corretto processo di formazione della volontà democratica».
  11. 11 Art. 69 cpv. 2 LDP.
  12. 12 Così erano del resto chiamati i titoli degli atti modificatori o abrogatori nel diritto italiano e comportanti soltanto la data di promulgazione e il numero d’ordine; cfr. Pagano 2004, 94.
  13. 13 «Senza risultare necessariamente fallace, [il titolo delle iniziative popolari] non di rado si concentra su determinati aspetti di un argomento o ne fornisce una descrizione parziale oppure gioca con le emozioni, positive o negative, utilizzando ad esempio aggettivi qualificativi» (motivazione dell’Iv. Pa. 20.470).
  14. 14 Su questi aspetti cfr. Egger 2019, 212–232.
  15. 15 Questo è vero anche per le arti figurative e segnatamente per la pittura, dove la menzione «Senza titolo» mira proprio ad emancipare l’opera da qualsiasi vincolo interpretativo e permetterle di sviluppare liberamente tutti i suoi sensi (cfr. Mengaldo 2018, 36).
  16. 16 Il titolo descrittivo rematico è quello che designa il genere o la tipologia testuale del cotesto (cfr. Egger 2019, 213).
  17. 17 Cfr. Tarello 1980, 103 segg., ma anche la giurisprudenza del Tribunale federale in DTF 134 III 529 consid. 4.2; 97 I 676 consid. 2; 143 III 653 consid. 4.3.2.2.
  18. 18 Baillet 1772: «Il [le titre] doit être le centre de toutes les paroles et de toutes les pensées du livre […]».
  19. 19 «Die Gesamtabstimmung hat die Funktion, dass jedes Ratsmitglied am Ende der Detailberatung das Resultat der Beratung insgesamt beurteilen und seine Meinung mittels einer Abstimmung abgeben kann. In der Detailberatung können für die Gesamtvorlage präjudizierende Einzelentscheide gefällt werden, weshalb die Gesamtabstimmung die unverfälschte Willenskundgabe der Ratsmitglieder sichert» (Graf et al. 2014, 581).
  20. 20 Cfr. art. 57 cpv. 3 della legge del 13 dicembre 2002 sul Parlamento (RS 171.10): «3 La Commissione di redazione non procede a modifiche materiali. Se accerta lacune, imprecisioni o contraddizioni materiali, ne informa i presidenti delle Camere».

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