LeGes

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Rezensionen DOI: 10.38023/23c7c04c-7cfd-4e22-9114-555767083f96

Recensione di: Michael Strebel, Das schweizerische Parlamentslexikon, Helbing Lichtenhahn, Basilea 2023, 551 pagg.

  • Zitiervorschlag: Jean-Luc Egger, Recensione di: Michael Strebel, Das schweizerische Parlamentslexikon, Helbing Lichtenhahn, Basilea 2023, 551 pagg., LeGes 34 (2023) 2

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    Il titolo della presente opera necessita alcune precisazioni. A cominciare dalla parola «Parlament» che, associata all’aggettivo «schweizerisch», lascerebbe facilmente intendere che il dominio terminologico in questione si riferisca all’Assemblea federale. Qui, invece, il termine va capito quale iperonimo di tutte le forme degli organi legislativi elettivi presenti nei tre principali livelli istituzionali che compongono l’assetto confederale. Comprende dunque, ad esempio, sia il Gran Consiglio ticinese, sia l’Einwohnerrat del Comune di Emmen, come anche il Conseil général di Belfaux, il Cussegl da vischnaunca di Disentis/Mustér, la Giunta comunale di Poschiavo, il Landrat di Nidvaldo, il Consiglio comunale di Sorengo o lo Stadtrat di Thun. In secondo luogo, la denominazione di «Lexikon» va relativizzata. Piuttosto che un dizionario nel senso classico del termine o l’insieme degli elementi che in un sistema di termini danno forma a diversi significati, si ha una scelta abbastanza ampia di termini ed espressioni usati in queste diverse realtà politiche, repertoriati per ordine alfabetico rispetto alla lingua tedesca e spiegati in modo sintetico e chiaro. Degna di nota, in quanto segno di un’attenzione alla realtà plurilingue della Svizzera, l’idea di proporre equivalenti in francese ed italiano ai termini tedeschi inclusi nella scelta.

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    Fatti questi due distinguo, si capisce che l’opera è ambiziosa, perché intende offrire uno spaccato preciso e rappresentativo della realtà parlamentare elvetica. E le ragioni di un tale intento non mancano, innanzi tutto se si considerano i dati quantitativi: la Svizzera, sottolinea l’autore, è un «Parlamentsland» giacché la sua realtà istituzionale conta ben 485 parlamenti (458 comunali, 26 cantonali e 1 nazionale), istituiti prevalentemente nell’area latina (complice, spiega Strebel, l’influsso della Rivoluzione francese), con un picco nel Cantone di Vaud (162 parlamenti comunali) di contro ad Appenzello Esterno e Soletta (entrambi con un solo parlamento comunale). Ma anche le strutture, il funzionamento, le discipline formali e le prerogative sono assai variegate, come risulta dal «Tour d’Horizon durch die kommunalen Parlamente» (cap. I) che per ogni Cantone indica le pertinenti disposizioni vigenti e passa in rassegna i dati essenziali relativi ai legislativi dei Comuni.

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    Non mancano tuttavia le riflessioni di fondo, concernenti segnatamente la genesi degli assetti attuali o i vantaggi e gli svantaggi della forma parlamentare rispetto a quella dell’assemblea comunale. Interessanti alcune considerazioni riguardo a questo confronto (82–83): l’assemblea comunale è una istituzione democratica originaria («Urdemokratische Institution») ma presenta oggi lo svantaggio di essere troppo poco frequentata, permette ai singoli cittadini o a gruppi di partecipare attivamente alle decisioni ma mobilita i gruppi di interesse soltanto puntualmente, consente uno scambio d’opinioni diretto con l’esecutivo ma è raro che vi sia garantita una partecipazione regolare e assidua dei cittadini. Dal canto loro, i parlamenti comunali sono pure istituzioni democratiche storiche ma non è sempre facile reperire parlamentari sufficientemente motivati per sedervi durante tutta una legislatura, svolgono un lavoro regolare mediante sedute parlamentari ma questo genera anche costi non trascurabili, operano in modo continuato e disciplinato mediante interventi e istanze ma ne risulta necessariamente una politicizzazione delle problematiche locali con l’inevitabile formazione di fronti partitici contrapposti. L’aspetto logistico, poi, non è irrilevante; come evidenzia l’autore, nei Comuni più grossi è possibile tenere un’assemblea comunale soltanto in quanto una grande maggioranza degli aventi diritto di voto rinunciano al loro diritto (82). Gli argomenti pro e contro l’una e l’altra forma sono tutto sommato in equilibrio, tanto è vero che possono esserci oscillazioni tra un assetto e l’altro anche a breve termine. Ad esempio, nel Cantone di Argovia, nel quale la legge consente il passaggio da una forma all’altra mediante scrutinio popolare, negli anni «80 si è assistito allo scioglimento di cinque Einwohnerräte», quello di Suhr (istituito nel 1974 e sciolto nel 1981), quello di Spreitenbach (creato nel 1974 e sciolto nel 1985), Oftringen (1974 e 1989), Aarburg (1972 e 1989) e Neuenhof (1966 e 1997).

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    Questa variegata realtà parlamentare svizzera è ben documentata grazie anche a numerosi schemi e tabelle che riassumono i dati essenziali in modo sinottico. Ma non ci si limita soltanto a fotografare lo stato attuale. Al termine dell’ampio panorama, l’autore guarda al futuro evidenziando le principali problematiche che queste istituzioni centrali della polis elvetica dovranno affrontare, come l’ipotesi di prevedere sostituti per ogni deputato, riesaminare l’organizzazione delle commissioni quali punti di forza dei parlamenti, il coinvolgimento dei parlamenti nelle situazioni di crisi (gestite ora principalmente dagli esecutivi), l’opzione delle sedute in remoto, il contatto più diretto con la popolazione, il maggiore coinvolgimento dei giovani, l’introduzione sistematica di clausole di valutazione nei testi di legge o, ancora, il rafforzamento dei servizi parlamentari a sostegno di un potere legislativo tecnicamente più capace.

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    Ma lo spaccato più capillare della vita parlamentare svizzera figura sicuramente nella parte dedicata ai concetti in uso in questi organi (cap. III Parlamentarische Begriffe), che è del resto la sezione principale dell’opera. L’autore non spiega quali criteri abbiano guidato la scelta dei lemmi, ma si intuisce che il taglio generale è pragmatico, ossia la chiara volontà di fornire una rappresentazione delle parole attraverso cui prende forma e in fondo esiste la realtà parlamentare. E quindi accanto a concetti procedurali (Dringlichkeitsklausel, Dritte Lesung, Geschäftsvorberatung), vi sono parole costitutive (Fraktion, Legislaturperiode, Oberaufsicht), realia (Oberrheinrat, Motion, Giunta comunale), istituti tipicamente parlamentari (Immunität, Hängige Geschäfte, Legislaturperiode), e anche idiotismi specifici a realtà molto ristrette (Schwyzer Dialog, Gebundene Beratung, Antrag an Einwohnerrat). Né mancano le espressioni colloquiali o le nugae del linguaggio ufficioso come Kaffee (con il derivato meno gustoso «Kalter Kaffee»), Chabis (con il correlato invito a «keinen Chabis erzählen …») o Schublade, termine polisemico a seconda del costrutto in cui appare. Tali ultimi esempi mostrano che oltre che su una vasta documentazione, puntualmente citata, la compilazione poggia anche su una lunga esperienza sul terreno, segnalata con l’indicazione vaga ma significativa che la fonte deriva dalla «Feldforschung des Autors».

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    L’apporto principale delle singole voci risiede indubbiamente nella definizione del lemma, sovente ricca ed articolata; non sta invece negli equivalenti proposti in francese e italiano. Occorre a questo proposito interrogarsi quanto alla pertinenza di questa scelta visto l’esito. Nella premessa al lemmario si dichiara fieramente che «alle Begriffe sind in den drei Landessprachen Deutsch, Französisch und italienisch (sic!) aufgeführt» e che «alle Begriffe wurden mit professionnellen Übersetzern mit Muttersprache Französisch/Italienisch erarbeitet» (114). Ottimo. Tuttavia, ci si cautela poi affermando che in alcuni casi relativi a realtà particolari (sehr spezifische Begriffe) «hätte die Übersetzung … auch anders erfolgen können». Certo. Spiace però constatare che anche nei casi di realia assodati e documentati da innumerevoli testi ufficiali il repertorio è impreciso, inaffidabile e talvolta incomprensibilmente sbagliato. Perché? Eppure bastava consultare qualsiasi testo federale italiano ufficiale per sapere ictu oculi che il Bundeskanzler non è il Cancelliere federale ma il Cancelliere della Confederazione, che il Nachrichtendienst des Bundes non è il Servizio di Intelligence della Confederazione ma il Servizio delle attività informative della Confederazione o che la Ständeratspräsidentin non è la Presidentessa del Consiglio degli Stati ma semplicemente la Presidente del Consiglio degli Stati. Non sono dettagli, né acribia da precisionismo: sono parole fissate dalla legge e in quanto tali vanno usate correttamente, massime in un libro che reca il titolo Lexikon.

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    Ma non è tutto. Come capire infatti che la Überweisung, termine chiave dei processi istituzionali, sia tradotta con rinvio? Che l’equivalente proposto per Protokoll sia protocollo (si intende forse quelli della scuola di Vienna?), quello di Votum vota (?), quello di Gesetz legislazione o, ancora, che l’Eventualabstimmung prevista nella legge sul Parlamento diventi in italiano la votazione potenziale? E l’esemplificazione potrebbe continuare. Dinanzi a siffatti scempi non va denunciata soltanto una massiccia incompetenza linguistica, ma anche una grave mancanza di sensibilità politica che consiste nello strumentalizzare (ancora una volta) il trilinguismo ufficiale svizzero senza preoccuparsi minimamente delle sue elementari prerogative. In virtù di quale diritto si ignora, per poi anzi deturparlo, un impianto terminologico ufficiale col solo scopo di farne facile ornamento o pegno di scrupolo confederale?

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    È triste dover constatare che uno strumento di consultazione così completo e per il resto accurato sia inciampato nelle difficoltà del trilinguismo ufficiale. Non è certo il primo, ma questa ormai non può più essere una scusante.


    Jean-Luc Egger, Cancelleria federale, Servizi linguistici centrali, Divisione italiana, Berna, e-mail: jean-luc.egger@bk.admin.ch.

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